COME SI DEFINISCE IL PREGIUDIZIO E A QUALE MECCANISMO PSICOLOGICO SOGGIACE?
In una società che si avvia a configurarsi strutturalmente come multiculturale e multietnica il tema del rapporto tra appartenenze di gruppo, percezioni e comportamenti concreti costituisce uno dei problemi sociali principali.
Difatti, i nostri giudizi, valutazioni, aspettative nei confronti degli altri e le nostre disposizioni ad agire verso di loro sono influenzati dalle nostre rispettive appartenenze sociali.
Ed è all’interno del gruppo sociale che prende forma l’idea del PREGIUDIZIO, inteso come atteggiamento etnico negativo, vale a dire una predisposizione a percepire, giudicare, agire in maniera sfavorevole nei confronti di chi appartiene a gruppi etnici diversi dal proprio.
Tra le componenti o dinamiche inconsce, istintuali del pregiudizio si fa riferimento alla teoria della FRUSTRAZIONE-AGGRESSIVITA’ analizzata da Dollard. In presenza di una frustrazione sia specifica, ovvero un determinato evento che ci impedisce di raggiungere uno scopo particolare, sia generica, ovvero una condizione di difficoltà o di inferiorità sociale o più semplicemente si può far riferimento alla presenza di rigide norme sociali che impediscono il soddisfacimento pieno dei nostri bisogni, si viene a creare uno stato di TENSIONE PSICHICA diretto ad aggredire ed eliminare l’oggetto frustrante. Laddove ciò non sia possibile, la tensione si accumula finchè tende a scaricarsi su oggetti più deboli, che fungono da capri espiatori.

Quindi, l’ostilità nei confronti delle minoranze verrebbe spiegata come reazione a una minaccia, reale o percepita, da parte dell’altro gruppo; ma più spesso verrebbe ad essere vista come effetto di quel fenomeno di “spostamento” dell’aggressività su oggetti più accessibili.
Un altro approccio spiega il pregiudizio come espressione di una modalità di pensiero eccessivamente rigida, ipersemplificata, che non tollera incertezze, ambiguità e contraddizioni, di una mente chiusa o dogmatica. In questo senso il pregiudizio può essere compreso attraverso i processi di pensiero che l’individuo utilizza per percepire il mondo esterno, per padroneggiare la complessità degli stimoli ambientali, organizzare le proprie conoscenze ed elaborare risposte comportamentali ai diversi stimoli. I processi di pensiero o modalità di ragionamento maggiormente utilizzati sono quelli della CATEGORIZZAZIONE, cioè l’individuo raggruppa stimoli che sono omogenei, e della GENERALIZZAZIONE, vale a dire la tendenza costante ad estendere a tante situazioni le osservazioni effettuate su pochi eventi avvenuti.

Da queste modalità di funzionamento della mente, che condizionano cronicamente la vita, discendono una serie di ERRORI DI PENSIERO. Si tratta di “aberrazioni cognitive”, o come chiama Beck “distorsioni cognitive”, o bias cognitivi che diventano talmente radicati nella personalità da essere considerati come l’unico modo possibile di vedere le cose.
Queste modalità di ragionamento possiedono una loro inerzia: tendono a permanere immutati al di là delle prove empiriche, condizionando i processi di percezione ed elaborazione dei dati della realtà.
Ciò che mantiene in piedi questo sistema è lo STEREOTIPO, che fa riferimento a valutazioni e aspettative fisse aggiunte ad una categoria per descriverla e per giustificare e razionalizzare la condotta di una persona in relazione alla categoria stessa. Per la psicologia sociale uno stereotipo corrisponde a una credenza o a un insieme di credenze in base a cui un gruppo di individui attribuisce determinate caratteristiche a un altro gruppo di persone. Spesso il nutrire pregiudizi relativamente a determinate categorie di persone porta a modificare il proprio comportamento sulla base delle proprie credenze, con la conseguenza di creare condizioni tali per cui ipotesi formulate sulla base di pregiudizi si verificano (profezie che si autoavverano). Naturalmente questi comportamenti porteranno poi al rafforzamento degli stereotipi stessi.
COME E PERCHÉ TENDIAMO A CREARE DEGLI STEREOTIPI?
Molti dei nostri stereotipi sono mutuati culturalmente (come quelli legati alla differenza uomini/donne, oppure relativamente al carattere o ai difetti di certe popolazioni), e ci spingono ad etichettare certi atteggiamenti in maniera diversa a seconda dell’attore coinvolto per rimanere coerenti con lo stereotipo di base.

Ad esempio, se condividiamo lo stereotipo che le donne siano meno brave degli uomini nell’impiegare il computer, interpreteremo come mancanza di competenza un errore che causa l’arresto del sistema operativo da parte di un’amica o di una collega, mentre vedremo come una distrazione lo stesso errore commesso da un amico o un collega. Al contrario vedremo come eccezioni che confermano la regola, una donna particolarmente a suo agio con questioni informatiche o un uomo che non è in grado di utilizzare un computer, senza rischiare così di dover mettere in forse lo stereotipo di riferimento.
Gli studi sulla memoria hanno anche dimostrato come tendiamo a ricordare meglio e con più precisione episodi che confermano le nostre credenze e a dimenticare o sfumare quelli che le contraddicono; inoltre, dal punto di vista cognitivo, le persone tendono a dare un peso maggiore alle prove che confermano le proprie ipotesi piuttosto che a quelle che le contraddicono.
COSA SUCCEDE NEL NOSTRO CERVELLO PER ARRIVARE A SVILUPPARE PREGIUDIZI?
Le neuroscienze hanno spiegato come il pregiudizio ha delle basi neuronali nel cervello umano, formate da interconnessioni di strutture cerebrali corticali e sottocorticali. In particolare si è visto come strutture cerebrali come l’amigdala (sede funzionale della paura), l’ippocampo (sede funzionale della nostra memoria autobiografica e delle nostre origini) e la corteccia prefrontale mediale (sede funzionale-cognitiva del giudizio) hanno un ruolo fondamentale nella formazione del pregiudizio. Infatti alcuni studi mostrano come soggetti con una minore attivazione della corteccia prefrontale mediale mostrano una maggiore tendenza ad assumere nei confronti degli altri un atteggiamento di pregiudizio.

Il pregiudizio è caratterizzato da una forte componente emotiva e trova le sue basi neurali in quelle aree più antiche del nostro cervello, condivise con i rettili e i mammiferi inferiori e facenti parte del sistema limbico e dei gangli della base, sedi delle reazioni emotive e istintive. In questo caso specifico l’amigdala, una piccola ma complessa struttura sottocorticale coinvolta nel processamento degli stimoli paurosi e nei comportamenti di attacco-fuga, gioca un ruolo decisivo. Molte ricerche, tra cui quelle pioneristiche di Phelps e colleghi, hanno dimostrato come l’amigdala sia maggiormente attiva quando un gruppo, ad esempio bianchi americani, che definiamo ingroup, percepisce visivamente gli appartenenti ad un altro gruppo (outgroup), in questo caso afro-americani. Grazie ad un test chiamato IAT (Implicit Association Task) è stato dimostrato come i bianchi siano più lenti ad associare parole positive a volti afro-americani piuttosto che a volti caucasici, segnale che il compito di associazione è meno automatico, e quindi richiede più tempo.
Mentre il pregiudizio condivide il substrato neurale con la paura e le reazioni istintive agli stimoli pericolosi, lo stereotipo viene codificato nelle aree neurali di più recente evoluzione, ossia nella neocorteccia. Studi di risonanza magnetica funzionale mostrano che le strutture dei lobi temporali implicate nella formazione e nella memorizzazione di concetti sono le stesse implicate nella stereotipizzazione: come impariamo che una finestra ha un vetro ed una cornice, cosi impariamo ad associare determinate caratteristiche ad una persona appartenente ad un certo gruppo.
Come possiamo disarmare i pregiudizi?

Ciascun individuo possiede un meccanismo di controllo top-down grazie al quale è possibile evitare che le sue risposte siano completamente in balia di processi istintivi ed emotivi, come i pregiudizi, e automatici, come la stereotipizzazione. La corteccia cingolata anteriore e la corteccia prefrontale laterale, specializzate nella gestione del conflitto tra risposte, sono due aree cruciali per l’integrazione dell’informazione e la selezione del comportamento. È qui che pregiudizi, stereotipi, norme sociali e morali, ed elementi contestuali si incontrano e si scontrano consentendo alla risposta comportamentale di essere selezionata tramite un complesso meccanismo di valutazione. È su questo meccanismo di controllo della risposta e gestione del conflitto che è più semplice agire per arginare gli effetti del pregiudizio e della stereotipizzazione. La consapevolezza dei nostri pregiudizi e dei nostri stereotipi è dunque l’arma più immediata a nostra disposizione per sconfiggerli.
Dott.ssa Angela Mastrandrea
Psicologa Psicoterapeuta Specialista in Neuropsicologia
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